MORIRE DI LICENZIAMENTO di LUCIA DELGROSSO
MORIRE DI LICENZIAMENTO.
Ieri alle 22.50
Oggi la stampa riporta la notizia di un uomo di 54 anni morto di freddo in un parcheggio a Trento. Due anni di quella vita di stenti l'hanno ucciso. Perché fino a 2 anni fa ce l'aveva una casa. Aveva una casa perché aveva un lavoro. Alle Poste. Poi era stato licenziato. A 52 anni. Ed era finito sotto i ponti. Quante righe ho scritto per raccontare una tragedia? Tre. Tre sole righe per raccontare l'ansia dei mesi che precedono il licenziamento (perché nei corridoi e intorno alle scrivanie se ne parla, prima, non si parla d'altro, e anche quando non se parla è un pensiero fisso, guardi il tuo collega ed è come se avesse la nuvoletta dei fumetti sospesa sulla testa , ci leggi "C'ho una paura di essere fottuto...!"). Poi la lettera di preavviso (te l'hanno mandata a casa o ti ha chiamato l'ufficio del personale? E chi te l'ha data? Un dirigente? Seduto dietro alla scrivania, che si pulisce gli occhiali con un fazzoletto? Certi fanno così, quando non sanno cosa dire, se sono miopi come talpe. Se invece ci vedono bene si guardano le mani intrecciate sulla pancia). Poi lo sgombero della scrivania, il saluto dei colleghi ("Quanto mi dispiace!" Ma la diranno veramente una roba così? Se dovessi fare la sceneggiatura di un film non gli farei dire niente, li farei mettere intorno alla scrivania in silenzio, con le braccia conserte, come ho visto in un film di indiani: guardavano così, con gli occhi scuri che avevano ingoiato tutto il bianco, uno di loro che i visi pallidii stavano prendendo a pedate. Me li immagino così, i tuoi colleghi, che guardano il grande calcio in culo che ti stai prendendo). E poi anticamere, e scrivanie lucide, e sorrisi a caccia di voti, e strette di mano in una piazza con le bandiere. E poi incominci a svegliarti sempre più tardi e sempre più stanco, la notte si prolunga nel giorno, tanto nè l'una, nè l'altro hanno sogni. E inizi a farti la barba un giorno sì e uno no, poi un giorno sì e due no, poi un giorno sì e tre no, poi solo quando ti rigira. E poi non lo so che ti è successo, ti sei trovato fuori casa, per sfratto o perché t'ha dato di volta il cervello o tutt'e due. E ti sei ritrovato a dormire sulle panchine. Se non vivevi in uno di quei posti dove un sindaco rampante non ha fatto mettere i ferri alle panchine. Così gli sfigati come te non ci si possono stendere e non rovinano il paeseggio. Perché succede pure questo da noi, Italiani brava gente che però quando ci mettiamo a fare i bastardi siamo fuoriclasse. Se no ti devi andare a nascondere in un posto dove non urti il senso estetico di nessuno. E finisci a scolarti la bottiglia che hai comprato con l'elemosina di mani che non ti guardano e corrono in chiesa a sentire la predica di un prete che dice ai buoni cristiani di non fare l'elemosina. Dio santo, in Italia succede anche questo, non tutti i preti sono Don Ciotti, o Don Farinella o Don De Capitani. Ci sono preti che bestemmiano l'elemosina. E piano piano la tua mano lascia andare la bottiglia di quella grappa che fa così schifo che quasi quasi è meglio che ti attacchi a bere alla pompa della benzina e l'ultima cosa che vedi è uno sfarfallio di luci che ti riempie gli occhi, prima che il gelo ti arriva al cuore. Non lo so se te ne sei andato così, ho raccontato tutto in poche righe e lo so che se qualcuno ti avesse chiesto di parlare ci sarebbero uscite dieci puntate di A Porta A Porta. Ma Vespa di quelli come te non ne parla, deve mettere in scena la fiction di un Paese dove la crisi non c'è. O c'è stata, ma ormai è alle spalle. E in ogni caso, pure se c'è, stiamo meglio degli altri. Come se lo sfigato fossi solo tu. E invece, tu non lo sai, ma un'altro sfortunato ha postato questo commento all'articolo che parlava della tua morte: "Sono artigiano terzista nel settore dell'arredamento. A causa della crisi ( che secondo il nostro onnipotente SILVIO non c'è ) sono senza lavoro e senza nessuna forma di ammortizzatori sociali. Fra non molto farò la stessa fine di questo poveretto".

PINO MASCIARI:
Senza più protezione: scompare ex protetta – non siamo tranquilli
Ieri alle 23.22
E’ scomparsa Lea Garofalo, collaboratrice di giustizia: non si è presentata ad un appuntamento con l’ex coniuge, il quale ha denunciato la situazione di allarme.
Come amici di Pino Masciari non possiamo che allarmarci. Innanzitutto speriamo si risolva tutto per il meglio: già in passato scrivemmo della scomparsa di un giovanissimo testimone di giustizia campano e di sua madre.
Ovviamente vedere accadere qualcosa alle persone che erano sottoposte a misure di protezione ci fa rabbrividire pensando alla famiglia Masciari così come ad altri che hanno affidato la loro vita nelle mani delle Istituzioni dello Stato.
La situazione di Lea Garofalo era complessa: a fronte della sua collaborazione le autorità le attribuirono misure di protezione provvisorie, ma ricorre al TAR perchè non ammessa al programma definitivo. I giudici reputeranno il provvedimento improcedibile in quanto lei stessa avrebbe rinunciato al programma speciale di protezione. In realtà un successivo ricorso al Consiglio di Stato ribalta il provvedimento del TAR rilevando che: “[....] E’ pacifico in causa che la declaratoria dell’improcedibilità del ricorso di primo grado sia dovuta ad un mero disguido, che ha impedito ai primi giudici di venire a conoscenza della revoca della rinuncia al programma di protezione, sulla cui base il Tribunale Amministrativo ha dichiarato il venir meno dell’interesse alla decisione. [...]”
(Sentenza del TAR n° 14423/2006 e successiva sentenza del Consiglio di Stato n° 5022/2008)
Riportiamo questi dettagli per sottolineare un altro aspetto che ci allarma: l’informazione superficiale.
Negli diversi articoli Lea Garofalo viene descritta a volte come testimone di giustizia altre come collaboratrice: è bastato leggere i documenti indicati sopra per chiarire che il suo status è di collaboratrice e non di testimone. E leggendo le sentenze possiamo sapere e quindi verificare che non è giusto riportare negli articoli un suo rifiuto del programma di protezione, perchè la cosa è in realtà più complessa tanto che la stessa arriva a presentare ricorso al Consiglio di Stato, che riconoscerà la validità del ricorso.
La notizia di un nuovo caso di lupara bianca sarebbe tremenda. Speriamo che non sia accaduto il peggio: perchè parliamo della vita di un essere umano ma ancor di più perchè parliamo della vita di una persona che aveva chiesto garanzia di protezione e sicurezza alle nostre Istituzioni, ossia il diritto alla integrità fisica (vedi sentenza CdS) e psicologica dell’essere vivente.